Negli ultimi dieci anni Stephen King, forse lo scrittore vivente più famoso al mondo assieme a J.K Rowlings e sicuramente uno dei più prolifici, ha affermato spesso che il libro appena pubblicato sarebbe stato l’ultimo, smentendosi poi subito dopo e ripetendo in loop la sequenza. Adesso sappiamo il perché: l’autore che da due generazioni atterrisce e affascina il pubblico di mezzo mondo era alla ricerca dell’opera perfetta, quella per la quale si viene ricordati per sempre, la mirabile sintesi di forma e contenuto. Quell’opera è 22/11/63.

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Per la prima volta nella sua lunga carriera, King volge lo sguardo all’ucronia, quella branca della fantascienza che immagina scenari determinati dal classico “what if”, ovvero “cosa sarebbe successo se”. Di esempi positivi, in questo settore, ce ne sono a bizzeffe, basti pensare a Fatherland, La svastica sul Sole o Watchmen. 22/11/63 da oggi in avanti sarà visto come nuova pietra miliare non solo di questo sottogenere sci-fi, ma anche dell’intera produzione Kinghiana (e, di riflesso, mondiale), in quanto per la per la prima volta l’autore riesce a liberarsi dai piccoli ma persistenti difetti che ne hanno accompagnato la produzione letteraria per quasi quarant’anni e, al tempo stesso, ad amplificare al massimo i suoi punti di forza.
22/11/63 racconta la storia di Jake Epping trentacinquenne professore di inglese al liceo di Lisbon Falls, nel Maine. La sua è una vita tranquilla: vive solo, arrotonda lo stipendio insegnando anche alla scuola serale, mangia spesso presso la tavola calda di Al, un suo amico. È proprio quest’ultimo a rivelare a Jake il segreto che cambierà il suo destino: all’interno del negozio c’è un passaggio spaziotemporale che conduce al 1958. Il sistema si basa su due regole: la prima è che indipendentemente dal tempo trascorso nel passato, ogni qualvolta si torna nel presente sono trascorsi appena due minuti, la seconda è che ogni conseguenza di quanto fatto viene azzerata a ogni ritorno. Al, malato di cancro, affida a Jack una missione incredibilmente “possibile”: sventare l’attentato a Kennedy e cambiare la storia. Seppur riluttante, Jack accetta e inizia così a preparare il terreno per l’evento del 22/11/63, ma ovviamente alla missione “principale” se ne affiancano altre molto più personali e nient’affatto secondarie.

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Attraente fin dalle prime pagine, 22/11/63 rappresenta un’eccezionale commistione di generi: la base, chiaramente, è puramente sci-fi, ma ben presto, da quando Jack si sposta nel passato, il romanzo si trasforma in un piccolo trattato sugli usi e costumi di quell’epoca, pur mantenendo costanti suspense e mistero.
Il plot é sempre compatto e coerente nel raccontare le vicissitudini del protagonista in un’epoca non sua, le difficoltà a vivere nel passato senza amici e senza gli strumenti della modernità (non così utili, a quanto pare). King dipinge un’America diversa, meno frenetica e folle di quella odierna, ma non priva di tensioni e lati oscuri. La maestria nel creare personaggi accattivanti si conferma un punto di forza della scrittura dell’autore che, complice anche la meravigliosa traduzione di Wu Ming I, per una volta rinuncia a ogni orpello e riesce a mantenere un pathos costante per tutte e le quasi 800 pagine del libro.

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L’attesa dell’evento viene vissuta in prima persona anche dal lettore che diventa partecipe degli incontri e delle difficoltà del protagonista che, in cinque anni, si trova coinvolto in mille avventure, spesso impreviste, eventi allegri e malinconici, incontri sentimentali. Perno della vicenda, ed ennesima conferma che l’etichetta di “Re dell’horror” è sempre stata quanto mai fuorviante nel caso di King, è l’amore, declinato in mille modi diversi e che, alla fine, fungerà da vero deus ex machina della vicenda nell’”inspoilerabile” finale, uno dei più coerenti e solidi mai ideati dallo scrittore. Non sappiamo se fosse mai andato per davvero, ma stavolta possiamo affermarlo con certezza: Il Re è tornato.



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Andrea Chirichelli

Classe '73. Giornalista da tre anni, ha offerto il suo talento a riviste quali Wired, Metro, Capital, Traveller, Jack, Colonne Sonore, Game Republic e a decine di siti che ovviamente lo hanno evitato con anguillesca agilità. Ha in forte antipatia i fancazzisti, i politici, i medici, i giornalisti e soprattutto quelli che gli chiedono foto.

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